
Snoopyhaiku 2

Avete letto un haiku che vi piace?
Allora, se non sapete argomentare, al massimo mettete un mi piace, ma non scrivete mai …. “bello, bellissimo ….o simili “, come commento.
La bellezza non è mai una qualità di un haiku.
Qualificare con una sola parola un haiku è sempre un’operazione sconsigliata, in ogni caso, se proprio non resistete, allora vi do qualche suggerimento su come commentare un haiku, con un solo attributo.
Un haiku può essere raffinato, se sapete riconoscere la raffinatezza definita da Hokushi:
Un'orata salata mostrando i denti giace gelida nella pescheria (Basho)
può essere buono, se non è banale:
il profumo del primo riso arriva da destra il mare di Ariso (Basho)
suggestivo, se vi da una qualche emozione:
Ora cresce solo l'erba estiva Dove gli antichi guerrieri Usavano sognare! (Basho)
crudo:
Pulci, pidocchi e un cavallo che piscia vicino al mio cuscino! (Basho)
cupo:
Nell'oscurità della notte Non trova il suo nido Le urla di un piviere (Basho)
vitale:
Tra le nostre due esistenze Come è vivida la vita Dei fiori di ciliegio! (Basho)
… e probabilmente in molti altri modi, che comunque nulla hanno a che fare con la bellezza.
Di seguito, a tal proposito, anche qualche citazione su cui varrebbe la pena riflettere, per eliminare definitivamente il concetto di bello dai vostri futuri commenti:
” un haiku dovrebbe tendere a ciò che i giapponesi chiamano wu-shi, ovvero “niente di speciale”. (Eric Amann)
“la vitalità è la vera qualità di un haiku”. (James W. Hackett)
“un haiku dovrebbe essere semplice come il porridge ” (Kerouac)
“a differenza di altri tipi di poesia, un haiku non si occupa di esprimere Verità, Bellezza o qualsiasi altro tipo di idea, concetto o simbolo; non ha un significato profondo, ne esoterico; si occupa solo del qui e ora, della natura, dell’intuizione derivante dall’esperienza sensoriale immediata, delle visioni e dei suoni ordinari di questo mondo. ” (Eric Amann)
“haiku è solo il risultato di una pratica, una pratica della mente: la pratica della mente zen che, non avendo nessun attributo, non produce nulla che debba essere conseguito” (EG)
QUI, per l’introduzione all’esercizio.
Poesia breve Sporche di terra cresciute senza luce né rumore. Il loro sapore intatto, il gusto dell'inverno generato nel silenzio. Unico suono, I cucchiai nella zuppa.
Tanka Patate novelle- il suono dei cucchiai fumanti di zuppa Nessuna traccia di terra nessun altro rumore
Haiku Patate novelle- il suono dei cucchiai fumanti di zuppa
ANALISI di EG
La poesia, ricca di riferimenti e spunti, ha come soggetto le patate, viste come frutto di madre terra e come cibo consumato nel contesto domestico.
Un’ottima poesia, che però vista nella prospettiva della riduzione, poteva crescere ulteriormente.
Molto buona l’intuizione sul suono, ma sarebbe stato meglio puntare sul sapore delle patate, che poteva essere usata come metafora per definirne l’essenza.
Purtroppo questo analogia non viene colta, ne sviluppata nelle riduzioni successive ed è un peccato, perchè ne avrebbe giovato la profondità di tutta la composizione.
La riduzione tanka riprende l’aspetto del suono, già messo in evidenza nella poesia, ma a mio avviso non può essere questo il cuore della composizione.
La “patatilità”, ovvero l’ essenza kantiana della patata, si perde e anche se il tutto rimane coerente con il testo iniziale (la riduzione è sostanzialmente corretta) , a mio avviso ne risente la comprensione del fenomeno.
Nell’ulteriore riduzione in haiku, il riferimento alla terra purtroppo scompare, per lasciare il posto, ancora una volta al suono ed all’ uso domestico delle patate.
Ripeto, viste singolarmente, le opere sono più che buone, ma dal punto di vista dell’essenza, quindi comprensione, la riduzione non è brillantissima, anche se il tutto rimane coerente con la visione di Monica.
Non avendo colto la potenziale profondità dell’immagine iniziale, l’esercizio poteva sicuramente portare a risultati anche superiori a quelli forniti, che comunque rimangono poeticamente molto buoni.
Anche qui una mia rielaborazione, che cerca di coniugare l’essenza mancata della “patatilità” , nella forma h4ku, scelta per una questione di ritmo.
patate nella terra o in una zuppa stesso "sapore" (EG)
sapore tra virgolette, proprio perchè inteso come quell’essenza kantiana, che rimane sempre intatta e di cui ho già fatto cenno nell’esercizio di Daniela Misso.
QUI, per l’introduzione all’esercizio.
Pasquale Asprea Più un pensiero in onore di Kim Ki-duk, regista sud coreano recentemente scomparso, di cui Primavera, autunno, ecc, è un film molto bello che consiglio di vedere : (pensiero poesia) primavera, estate, autunno, inverno…e ancora primavera - una pietra legata alla zampa del bambino Tanka sul lago immobile si specchiano gli alberi sempre cangianti la vita degli uomini segnate dagli eventi Haiku Lago immobile - un uccello si allontana dallo sguardo
ANALISI di EG
L’analisi sul lavoro di Pasquale sarà un po’ diversa, rispetto a tutte quelle viste finora, in quanto il pensiero di partenza è una mia richiesta e non è una vera e propria poesia breve.
Farò quindi un riassunto del film, come introduzione ai miei commenti successivi (che altrimenti non si capirebbero):
Primavera: In un piccolo tempio buddhista galleggiante vivono un monaco ed un bambino. Il bambino cresce seguendo le istruzioni del monaco, ma a volte infligge delle crudeli sofferenze a dei piccoli animali che popolano le montagne circostanti. Scoperto dal monaco, viene punito nello stesso modo in cui lui maltratta gli animaletti.
NOTA di EG: quando vidi il film, qualche anno fa, lo interpretai come un’allegoria sulle 4 nobili verità buddhiste.
Questo capitolo rappresenta quindi la prima nobile verità, ovvero come nella vita degli esseri senzienti sia insita la sofferenza.
Estate: Il bambino ormai adolescente si invaghisce di una ragazza, portata al tempio dalla madre, perchè malata. I due intrecciano una relazione, ma quando il monaco li scopre, avendo la ragazza ritrovata la salute, la rimanda a casa. Il ragazzo, non potendo sopportare la separazione scappa dal tempio.
NOTA di EG: quest’altro capitolo rappresenta la seconda nobile verità, ovvero: come il dolore sia insito in noi ed abbia origine dalla ricerca della felicità, ovvero in tutto ciò che è transitorio, quindi illusorio.
Autunno: Lasciato il tempio, il ragazzo ormai trentenne, si è sposato e viene tradito dalla moglie, così la uccide, nascondendosi poi nel tempio in cui è cresciuto. Incapace di trovare la pace, l’uomo cerca di porre fine alla sua esistenza, ma viene salvato dal vecchio monaco, che gli ordina di usare l’arma del delitto per incidere sul portico del tempio il sutra del cuore, che lui stesso calligrafa usando come pennello la coda del suo gatto. Poco dopo, arrivano al tempio due poliziotti, che, su richiesta del monaco, prima di prenderlo in consegna, attendono che venga completata l’incisione del sutra. Infine, quando tutto è compiuto, il vecchio monaco rimane solo ed avendo ormai svolto il suo compito, si prepara a morire.
NOTA di EG: questo capitolo rappresenta la terza nobile verità: esiste l’emancipazione (cessazione) dal dolore.
Inverno: L’uomo arrestato, ormai maturo, ha scontato la sua pena, quindi ritorna e riprende a vivere nel tempio ormai abbandonato da anni e si educa alla meditazione ed alle arti marziali, quando una donna con il viso nascosto da un velo, porta al tempio un bambino ancora in fasce, affidandolo quindi al monaco.
NOTA di EG: questo capitolo rappresenta la quarta nobile verità: esiste un percorso di pratica da seguire e che permette di emanciparsi dal dolore.
… e ancora Primavera: Di nuovo l’uomo, diventato anch’esso un vecchio monaco, cresce il bambino nel tempio sul lago e di nuovo il bambino infligge piccole crudeltà agli animaletti che vivono sulle montagne circostanti…
NOTA di EG: allegoria finisce con la rappresentazione del ciclo infinito della vita, ovvero come l’esitenza sia solo una ruota.
In estrema sintesi il film rappresenta quindi la Via buddhista, con i sui passaggi, in termini allegorici, dalla nascita (primavera), alla rinascita (di nuovo primavera).
Commento di EG
Se confrontate le mie note con le riduzioni di Pasquale, risulta subito chiara una forte divergenza in termini d’interpretazione dell’essenza del film; il che mi porterebbe a stravolgere totalmente il suo lavoro, sfortunatamente andremmo anche subito fuori strada rispetto all’esercizio, quindi meglio cambiare paradigma di analisi e guardare alle riduzioni di Pasquale, solo in termini di estetica formale, in quanto è il denominatore comune con il film, che in termini formali (leggere soprattutto fotografia), è un bel film.
Pertanto non parliamo più di riduzioni in termini di essenza, ma di riduzioni rispetto alla bellezza delle immagini, passando così dall’espressione, all’impressione.
In termini d’immagini, la poesia iniziale, anche se di fatto non è una poesia, offre ben poco, se non il titolo del film e un bimbo con una pietra al piede, che rinominato come zampa prova a relazionare il karma del bimbo, alle sue cattiverie, ma il meccanismo risulta veramente criptico, se non si è visto il film.
La riduzione a tanka offre un quadro migliore, in quanto sintetizza in pochi versi sia l’estetica che la trama del film.
Operazione non facile a cui va dato tutto il merito a Pasquale.
La riduzione ad haiku, ripropone un’immagine alla Buson, per intenderci, esteticamente molto buona, ma che non raggiunge la profondità del tanka, ne può oggettivamente farlo, per ovvie ragioni di spazio. Se haiku è un momento, un film è un racconto, quindi siamo in presenza di due linguaggi strutturalmente incompatibili.
In conclusione, con quest’esempio siamo un po’ usciti dal seminato dell’esercizio, ma abbiamo anche esplorato vie nuove, sicuramente interessanti.
QUI, per l’introduzione all’esercizio.
POESIA capodanno 2019 Le bacche luccicanti e il verde cupo, nei capelli riflessi di melograno, esplodeva l’attesa del Capodanno. Ora sta imbiancando sotto lo sguardo questo cielo offuscato, senti soltanto uno strappo d’addio, un anno in meno ti lastrica la via
TANKA I melograni, le bacche luccicanti, di un capodanno andato… ora uno strappo d’addio, soltanto un anno in meno
HAIKU bacche e melograni sotto un cielo offuscato … soltanto un anno in meno
ANALISI di EG
Poesia melanconica, troppo lunga, incentrata sul capodanno (2019) e la consapevolezza del passare del tempo , con presenza di numerosi termini evocativi in tal senso.
La riduzione a tanka conferma la sensazione di tristezza, risultando quindi corretta.
Il successivo haiku sfuma un po’ troppo le essenze evocate, che avrebbero dovuto essere maggiormente sostenute e quindi più riconoscibili.
In ogni caso la sensazione di una velatura di tristezza immobile ed impotente rimane, anche se si perde il riferimento al capodanno, quindi anche la riduzione in haiku risulta sostanzialmente corretta.
L’unico vero appunto, nella forma haiku, sta proprio nel termine “soltanto”, che ritengo troppo debole rispetto a ciò che doveva essere trasmesso, ovvero la sensazione di malinconia.
Proprio per rafforzare lo yang, io avrei sostituito quel “soltanto” con il termine “lo strappo di”, tra l’altro già utilizzato nella poesia iniziale.
Inoltre avrei mantenuto il riferimento al Capodanno.
Bacche a Capodanno
sotto un cielo offuscato
lo strappo di un anno (EG)
In conclusione una discreta riduzione, con l’unico vero difetto di risultare, nella forma haiku finale, troppo yin .
QUI, per l’introduzione all’esercizio.
POESIA Già la luce compare dietro le ombre Un’essenza sottile di gocce di rugiada mi pervade TANKA luce pre alba – la leggera essenza della rugiada si dissolve nell’ aria la conservo nel cuore HAIKU scorre il tempo – l’impalpabilitá della rugiada
ANALISI di EG
La poesia introduce l’alba, o più precisamente una pre-alba, che però faccio fatica ad identificare come fenomeno, con relativa emozione che questo evento causa all’autrice.
Nel tanka, questa emozione viene ricondotta all’essenza sottile della rugiada, senza che venga però esplicitata, ne come metafora, ne in termini di significato, ne correlata ad un’altra forma di realtà (in doppia lettura).
Cosa sia questa essenza sottile non è quindi chiaro, lasciando in sospeso il suo significato fino allo haiku finale, che introduce un riferimento all’impalpabilità.
Nel complesso, la riduzione ha il pregio di cercare effettivamente di dare un’essenza ai versi, il difetto riguarda invece la qualità di lettura di quest’essenza e secondariamente, dal dichiarare esplicitamente questa ricerca.
Rispetto all’impalpabilità, che sinceramente non vedo molto applicabile alla rugiada (fatta d’acqua, quindi palpabilissima), sarebbe stato meglio coglierne l’impermanenza o darne un’interpretazione basata sul noumeno di Kant, ovvero all’essenza pensabile, ma inconoscibile, della rugiada in sé, che tradotto in haiku, poteva suonare:
prima dell'alba
l'inconoscibile essenza / (l'impermanente essenza)
della rugiada (EG)
In ogni caso, quando in un haiku si vuole trasmettere un’emozione come fine poetico, l’emozione trasmessa deve innanzitutto essere basata su una corretta lettura dell’immagine o del fenomeno vissuto, secondariamente è bene evitare di essere espliciti.
Oltre all’intuizione, ci vuole profondità di pensiero, evitando di fornire elementi troppo superficiali.
In questi casi, la migliore via d’uscita ce la mostra, ancora una volta Basho:
in morning dew,
dirty and cool,
a mud-smeared melon
asatsuyu ni / yogorete suzushi / uri no tsuchi
In questo haiku, non c’è la volontà esplicita di trascendere l’evento, ma attraverso una seconda lettura, di legarlo al nostro profondo. In questo modo si prendono due piccioni con una fava, in quanto si comunica il nostro stato d’animo, in modo non esplicito.
Ecco quindi, un mio esempio, in doppia lettura, dell’evento di Daniela:
tra le ombre tra le prime luci dell'alba la rugiada risplende (EG)
p.s. individuare e capire le doppie letture fa parte della pratica haiku; a chi ha dei problemi in tal senso, consiglio di esercitarsi sul makoto.
QUI, per l’introduzione all’esercizio.
POESIA Ieri pomeriggio Una stuoia di paglia in quell’angolo di spiaggia aperto al sole d'inverno, fra le prime nuvole le scie degli areoplani …mentre vola un gabbiano TANKA mare d’inverno- nell' angolo di spiaggia io e il gabbiano le nuvole in arrivo nel vento di ponente HAIKU nuvole gonfie nel vento del tramonto io e il gabbiano
ANALISI di EG
Aldilà delle immagini mostrate, questa poesia ha un problema: è un haiku, ad una sola lettura, in un formato XXL.
Nel testo, c’è tanta realtà, troppa, mentre non c’è traccia di pensiero.
La stuoia, la spiaggia, il sole invernale, le nuvole, le scie degli aeroplani, il gabbiano: tutti elementi rappresentati come frammenti di una fotografia.
Vero è che l’ultima riga inserisce dei puntini di sospensione, ma attribuirne un significato diverso, appunto da una sospensione, mi sembra un azzardo.
Per cui mi chiedo, ma una poesia senza un’emozione, un sentimento, o una riflessione è ancora una poesia?
Io non sono un accademico, quindi non conosco tutte le poetiche possibili, ma il dubbio rimane.
L’unica poetica che conosco e che non prevede un coinvolgimento emotivo e mentale da parte dell’autore è la poetica haiku, ma non in una forma XXL.
Io che pratico gli spazi non tradizionali, mi sono inventato la forma h4ku, ma li mi sono fermato, in quanto dopo si cade nei Tanka.
Ora, il punto è: qual è l’essenza di una poesia-foto e di questa in particolare ?
la solitudine? la quiete? l’incontro ? difficile dirlo…. o forse, semplicemente , non c’è nessuna essenza, ma soltanto racconto.
Con queste premesse, la riduzione in forma tanka risulta un taglio lineare, in cui alcuni elementi spariscono, senza un apparente preciso motivo.
La riduzione in haiku prosegue poi tagliando e cucendo, sempre su motivazioni che sembrano puramente stilistiche.
Il risultato finale è però un buon haiku , il che dimostra come il processo di riduzione sia avvenuto al contrario, ovvero forse siamo in presenza di una lettura basata su un allungamento, che parte dallo haiku e che, dopo essere stato annacquato, si allunga in forma tanka e poi in poesia.
A ben vedere, si può considerare quest’esercizio come esattamente speculare a quello di Rosa Maria Di Salvatore.
Il problema di fondo però è lo stesso: l’uso di un unico paradigma compositivo, anche se ovviamente i paradigmi usati sono uno il contrario dell’altro: evocativo per Rosa Maria, haiku per Angiola.
In conclusione, vale la stessa affermazione già fatta: non si può usare un solo paradigma poetico, in tutte le occasioni.
QUI, per l’introduzione all’esercizio.
POESIA Palpitano sottili fili d'erba alla brezza leggera del mattino. In un cielo dipinto ad acquerello l'alba chiara ha il colore del cobalto. TANKA è chiara l'alba in un cielo dipinto ad acquerello fremono i fili d'erba al tocco della brezza HAIKU è chiara l'alba in un cielo dipinto ad acquerello
ANALISI di EG
Il contesto è quello classico bucolico degli haiku tradizionali, la poesia infatti introduce 2 immagini distinte: 1) dei fili d’erba mossi da una brezza mattutina, 2) un’alba color cobalto, utilizzata come sfondo dell’immagine precedente.
Stilisticamente, la ricerca dell’evocazione è molto presente, fin troppo presente e questo sarà l’ostacolo principale, come vedremo, al corretto svolgimento dell’esercizio.
L’uso ricorrente di termini ed immagini suggestive come il palpitare dell’erba, o il richiamo ad un cielo acquarellato è di fatto un condizionamento mentale che, se accettabile nelle poetiche non haiku, si scontra con il furyu (la poetica haiku).
Intendiamoci, le scelte di Rosa Maria sono del tutto legittime, ma sono anche la testimonianza di come interpreti ed intenda la poesia in generale.
La riduzione a tanka conferma le due immagini sopradescritte, quindi tecnicamente è corretta, anche se viene perso il riferimento al colore del cielo, mentre la presenza della brezza viene risolta introducendo il predicato fremere.
Nella riduzione ad haiku invece, ogni riferimento ai fili d’erba scompare, lasciando il posto al solo sfondo iniziale, ovvero all’alba e al suo cielo.
In conclusione, il processo di riduzione corretto si ferma alla forma tanka, in quanto lo haiku finale perde completamente una delle immagini protagoniste, soffermandosi esclusivamente sullo sfondo. Le immagini seppur non originali, avevano un certo potenziale e l’errore principale dell’esercizio è stato quello di continuare ad usare come paradigma lo stile evocativo esplicito anche nella riduzione haiku, piuttosto che rifarsi a termini, in grado di evocare si, ma in modo implicito, ovvero non direttamente deducibile. Cambiare il proprio paradigma in funzione della poetica è un’aspetto fondamentale, se si vuol fare poesia.
Personalmente, immaginando la scena, avrei sfruttato il contrasto sui colori derivabili dalla poesia iniziale.
Ad esempio
vibrazioni il verde dell'erba il cobalto del cielo (EG) p.s. ho usato il termine vibrazioni, in quanto la luce, con i suoi colori (frequenze), è fisicamente una vibrazione del campo elettromagnetico.
Avrei molto altro da dire, ma mi sono reso conto che sarebbe ingiusto nei confronti di Maria Rosa trattare argomenti di carattere generale nella sua recensione, quindi scriverò un articolo ad hoc , che pubblicherò alla fine del giro delle recensioni sui singoli autori.
QUI, per l’introduzione all’esercizio.
Poesia Dall'argine osservo i flutti impetuosi del fiume che senza domande verso il mare si lascia andare Tanka Fragore d'acqua Ineluttabilmente il fiume va Ma ferma e in silenzio io ne osservo il destino Haiku Flutti impetuosi Il fiume scorre rapido verso il mare
ANALISI di EG
La poesia s’interroga sui movimenti di un fiume, con relativa osservazione, da parte dell’autrice.
Senza farsi domande, il fiume scorre prima impetuoso, per poi lasciarsi andare ineluttabilmente verso il mare ….. e realizzando così la sua vera natura, aggiungo io.
Sfortunatamente questa considerazione non sarà colta chiaramente da Gabriella ed è un peccato, perchè insita nell’immagine ed era praticamente un assist servito su un piatto d’argento.
In assenza di questa visione, la riduzione della poesia alla forma tanka, si concentra più sull’osservatore che sull’osservazione, perdendo così molto della profondità potenziale, emergente dalla poesia.
Persa l’essenza dell’osservazione, la successiva riduzione da tanka ad haiku, propone inevitabilmente un’immagine, seppur coerente con la sequenza poetica, piatta, quasi spenta rispetto al potenziale iniziale.
Un vero peccato, in quanto la poesia aveva introdotto elementi estremamente interessanti e più chiavi di lettura, per esempio altra chiave poteva essere quella del fiume come metafora della vita: dallo yang della giovinezza, allo yin della vecchiaia, o di una rilettura dell’acqua del fiume in chiave taoista : Il Tao è come l’acqua (Tao Tê Cing, VIII, Tornare alle qualità naturali).
In ogni caso, per dare un’idea, propongo questo mio sviluppo, nella mia prima chiave di lettura:
Tanka questo fiume fragoroso e senza porsi il perchè va verso il mare realizzando la sua buddhità realizzando la sua vera natura (EG) Haiku la buddhità del fiume? grande fragore, poi fino al mare senza un perchè (EG)
In conclusione, pur partendo da un ottimo materiale iniziale e da un’intuizione promettente, il processo di riduzione di Gabriella ha sofferto della mancanza di una certa profondità interpretativa del fenomeno a cui Gabriella ha assistito.
A tal proposito mi viene in mente un koan zen:
… e il maestro disse:
” E’ come se un bue passasse attraverso una finestra: la testa,
le corna e gli zoccoli sono passati, perchè la coda non può passare ?”
Nell’arte culinaria, con riduzione, si indica una salsa concentrata ottenuta addensando un liquido sul fuoco. Grazie all’evaporazione della parte acquosa, gli aromi si concentrano e gli zuccheri si caramellano dando luogo ad un composto dai sapori più intensi e dalla consistenza più densa di quella di partenza.
Analogamente, la riduzione poetica asciuga il testo di una poesia breve , prima in forma tanka e poi in haiku o pseudohaiku.
Il senso dell’esercizio è quello di costringere l’autore a ridurre le proprie opere all’essenza, attraverso un processo di sintesi e di asciugatura, attraverso il quale possa migliorare la propria consapevolezza autoriale.
Trattandosi di una riduzione testuale, nella sequenza poetica “poesia-tanka-haiku” , il soggetto ovviamente non deve cambiare, ma piuttosto esaltarsi man mano che lo spazio strutturale della forma si riduce: più il buio aumenta, maggiormente la luce della poesia deve risplendere.
Di seguito alcuni esempi presi dal LAB, con le mie analisi.