QUI, per l’introduzione all’esercizio.
POESIA Ieri pomeriggio Una stuoia di paglia in quell’angolo di spiaggia aperto al sole d'inverno, fra le prime nuvole le scie degli areoplani …mentre vola un gabbiano TANKA mare d’inverno- nell' angolo di spiaggia io e il gabbiano le nuvole in arrivo nel vento di ponente HAIKU nuvole gonfie nel vento del tramonto io e il gabbiano
ANALISI di EG
Aldilà delle immagini mostrate, questa poesia ha un problema: è un haiku, ad una sola lettura, in un formato XXL.
Nel testo, c’è tanta realtà, troppa, mentre non c’è traccia di pensiero.
La stuoia, la spiaggia, il sole invernale, le nuvole, le scie degli aeroplani, il gabbiano: tutti elementi rappresentati come frammenti di una fotografia.
Vero è che l’ultima riga inserisce dei puntini di sospensione, ma attribuirne un significato diverso, appunto da una sospensione, mi sembra un azzardo.
Per cui mi chiedo, ma una poesia senza un’emozione, un sentimento, o una riflessione è ancora una poesia?
Io non sono un accademico, quindi non conosco tutte le poetiche possibili, ma il dubbio rimane.
L’unica poetica che conosco e che non prevede un coinvolgimento emotivo e mentale da parte dell’autore è la poetica haiku, ma non in una forma XXL.
Io che pratico gli spazi non tradizionali, mi sono inventato la forma h4ku, ma li mi sono fermato, in quanto dopo si cade nei Tanka.
Ora, il punto è: qual è l’essenza di una poesia-foto e di questa in particolare ?
la solitudine? la quiete? l’incontro ? difficile dirlo…. o forse, semplicemente , non c’è nessuna essenza, ma soltanto racconto.
Con queste premesse, la riduzione in forma tanka risulta un taglio lineare, in cui alcuni elementi spariscono, senza un apparente preciso motivo.
La riduzione in haiku prosegue poi tagliando e cucendo, sempre su motivazioni che sembrano puramente stilistiche.
Il risultato finale è però un buon haiku , il che dimostra come il processo di riduzione sia avvenuto al contrario, ovvero forse siamo in presenza di una lettura basata su un allungamento, che parte dallo haiku e che, dopo essere stato annacquato, si allunga in forma tanka e poi in poesia.
A ben vedere, si può considerare quest’esercizio come esattamente speculare a quello di Rosa Maria Di Salvatore.
Il problema di fondo però è lo stesso: l’uso di un unico paradigma compositivo, anche se ovviamente i paradigmi usati sono uno il contrario dell’altro: evocativo per Rosa Maria, haiku per Angiola.
In conclusione, vale la stessa affermazione già fatta: non si può usare un solo paradigma poetico, in tutte le occasioni.