Puntate precedenti : Monica Federico
Questo lo haiku di Stefano:
Toccando piano
un'alba invisibile-
caratteri braille
Non diro’ mai che si tratta di un capolavoro… sicuramente trovo che questo si uno di quelli che ho scritto che mi emoziona ogni volta che lo leggo perchè puo’ essere letto in molti modi .
Anche perche’ è un “mettersi nei panni dell’ altro” sia da parte di chi scrive che di chi legge.(Stefano Riondato)
Commento di EG:
Anche Stefano, come Monica, seleziona il suo miglior haiku su base soprattutto emozionale. Inoltre indica la caratteristica di suscitare una diffusa partecipazione e coinvolgimento emotivo, ovvero il suggestionare , il punto di forza di questo suo haiku.
In sintesi, possiamo dire che Stefano ritenga questo suo haiku, un haiku compassionevole, in senso buddhista del termine, ovvero è un haiku che invita a mettersi nei panni dell’altro. Tutto questo richiama l’ideale estetico giapponese di mono no aware, ovvero al “pathos”, alla “sensibilità estetica” o “partecipazione emotiva alle cose” .
Dall’ottica di una poesia che vuole essere zen, infilarsi nelle emozioni e lo dico come fermo sostenitore della rettifica dei nomi di Confucio, è un vero casino. E’ un casino in generale, ma lo è ancor di più per un occidentale. Gestire le emozioni con il giusto distacco, fa parte della cultura giapponese, ma, a mio avviso, non di quella occidentale e a maggior ragione della cultura italiana. Da qui la mia scelta consapevole, di non considerare nel Lab, il mono no aware come ideale estetico da perseguire: già adesso è una strage, se lo avessi sdoganato come ideale perseguibile, ora mi ritroverei in coma diabetico, per eccesso di haiku sdolcinati.
Se il mono no aware è l’ideale estetico primario di questo haiku, lo yugen introdotto nel secondo verso è l’ideale secondario.
E’ chiaro allora che, se si vuole riportare sulla terra questo haiku, limandone l’impatto emotivo ed introducendo un po’ più di realtà è necessario intervenire.
Ovviamente si può essere più o meno d’accordo con questa mia indicazione autoriale, ma il senso di coerenza con gli insegnamenti indicati nel Lab e quindi, ricordo sempre, anche quelli di Basho, mi impongono di compiere questo passo.
Portare più concretezza in un haiku decisamente yin come questo, significa yanghizzarlo (qui per approfondimenti), ovvero riportare l’armonia tra lo yin e lo yang sia tra i versi che le parole.
Anticipo subito un possibile risultato
Sulla mia pelle
un'alba invisibile
il sole in braille
In sintesi, così si mantiene lo yugen del secondo verso, dando più concretezza al senso del tatto e all’oggetto che il tatto decodifica, ovvero i primi raggi del sole, eliminando la concettualizzazione di caratteri braile, ma dando corpo a cosa quei caratteri corrispondono.
Come ultima riflessione, sottolineo come così si passi da una scatola 5-7-5, tanto cara a stefano negli ha3ku, ad una 6-7-5, ma il punto è che non è la scatola a fare un haiku, ma l’adesione o meno allo spirito poetico haiku, che non è mai fatto di scatole, ma del loro contenuto.
Stresserò questo concetto ogni volta che mi capiterà l’occasione, perchè scrivere haiku, non è mettere in piedi uno scatolificio, ma fare poesia sulla realtà, se non capite questo, allora prendete atto che non state facendo poesia haiku, ma consegnando solo scatole, come fa amazon.
Grazie per il tuo commento. Stefano Riondato
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