Chi pratica un’arte Zen, come la poesia haiku, non deve preoccuparsi del risultato finale, ma piuttosto, comprendere appieno il processo che lo ha portando a quel risultato finale. (Elio Gottardi)
Tecniche, forme, soggetti, riconoscimenti e comunque tutto ciò che è ritenuto normalmente importante per la stragrande maggioranza di coloro che scrivono haiku, per me è invece secondario.
Per me, haiku è soprattutto uno stato mentale, per questo per me haiku è:
- Osservarmi mentre osservo il mio qui e ora
- Riconoscere il mio zen, che nasce quando sono in relazione profonda con la realtà
- Restare nei 6 respiri: 1 respiro per realizzare il vuoto mentale, 2 respiri per sedimentare la mia esperienza e 3 respiri per la sua verbalizzazione
- Ricercare il vuoto, ovvero cancellare dalla realtà ogni suo possibile significato, rendendola trasparente, senza colore, senza emozioni, o sentimenti.
- Restare nel presente, che non è fatto di oggetti o processi isolati, ma di relazioni.
- Imparare a distinguere tra realtà ed illusioni: comprendendo ciò che è concreto da ciò che è astrazione, ciò che è reale da ciò che è solo frutto della mia mente.
- Un momento di vita, per questo cerco di vivere in una sequenza costante di haiku
- Anche scrivere, ma prima di scrivere un singolo haiku, viverne altri mille, senza provare la minima voglia di scrivere
- Una sequenza di parole, che però sono solo la polvere, perchè hanno privato la realtà del suo splendore
- Misurare il tempo in respiri e lo spazio in cambiamenti
- Dimenticare la forma, ma solo dopo averla pienamente compresa ed interiorizzata
- Non avere nessun fine, ovvero praticare una poesia pura, quella senza scopo
- Praticare quella sensazione di armonia, che emerge solo quando tutti i contorni sono messi da parte.
“Mu” è una bestia strana, permette al combattente di colpire e all’haijin di essere colpito
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